Comunità Energetiche Rinnovabili: decreto del Mase per nuovi incentivi
Il Mase ha inviato all’UE una proposta di decreto che punta a promuovere ed incentivare le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) in Italia. Si attende il via libera della Commissione Ue necessario per l’entrata in vigore. Si punta ad introdurre nuovi sostegni per l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Nella recente intervista rilasciata al Sole 24 Ore, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato di voler favorire la nascita di 15.000 comunità energetiche. Il provvedimento copre tutte le tecnologie rinnovabili: dal fotovoltaico all’eolico, dalle biomasse all’idroelettrico. L’obiettivo è produrre 2/3 di energia da fonti rinnovabili.
La proposta di decreto prevede tariffe incentivanti, sconti in bolletta e contributi a fondo perduto.
Cosa sono le CER? Quali sono gli impianti ammessi, i requisiti e le spese finanziabili per chi accede agli incentivi?
Comunità Energetiche Rinnovabili (CER): cosa sono
Per Comunità Energetiche s’intendono gruppi di persone, cooperative, imprese, associazioni, enti locali o religiosi che si uniscono per creare forme di autoproduzione ed autoconsumo di energia elettrica generata da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico).
Gli obiettivi di queste comunità corrispondono ai relativi vantaggi: risparmio in bolletta, sicurezza, autonomia energetica di un Paese, riduzione di emissioni ed inquinamento.
Comunità Energetiche: gli obiettivi del decreto con gli incentivi
La proposta di decreto è mirata alla nascita di 15.000 Comunità energetiche. Il testo serve a dare al nostro Paese una nuova energia, tutta rinnovabile. Come ha spiegato Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il decreto è in linea con il duplice obiettivo del governo: la decarbonizzazione entro il 2030 e l’indipendenza energetica.
Si punta esclusivamente al risparmio. Le Cer mantengono il carattere comunitario e sociale e non possono trasformarsi in imprese che producono e vendono energia. Pertanto, la massima potenza nominale di ciascun impianto o dell’intervento di potenziamento non può superare 1 megawatt. Incrementando la produzione energetica da fonti rinnovabili viene favorito un risparmio sostanziale nei costi dell’energia. Si punta ad un importante taglio al caro-bollette per famiglie ed imprese.
Il testo del decreto suddivide due misure distinte:
- Intervento di incentivazione per chi si unisce alle Comunità energetiche prevedendo una premialità per l’autoconsumo;
- Stanziamento del PNRR di 2,2 miliardi per finanziare contributi a fondo perduto fino al 40% dei costi di realizzazione o potenziamento di un impianto in Comuni fino a 5mila abitanti. Si favorisce, quindi, la realizzazione di impianti diffusi in periferia. Nei piccoli centri, le comunità dovrebbero contribuire installando ulteriori 2 gigawatt per una produzione di almeno 2.500 gigawattora all’anno.
Decreto Comunità Energetiche: a chi sono destinati gli incentivi
Gli incentivi sono applicabili per la realizzazione di nuovi impianti o potenziamento di impianti esistenti con potenza nominale massima non superiore a 1 megawatt.
Il decreto non prevede l’accesso ai sostegni di imprese in difficoltà indicate dalla Commissione Europea nelle norme sugli aiuti di Stato. Si parla di imprese che, in mancanza di un intervento statale, sono destinate al collasso economico a breve-medio termine.
L’accesso agli incentivi è, inoltre, vietato a soggetti che sono stati sottoposti a cause di decadenza, divieto o sospensione a seguito di misure di prevenzione.
A beneficiare della misura PNRR (contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento) sono i sistemi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche da fonti rinnovabili situati in Comuni con meno di 5.000 abitanti.
Chi vorrà associarsi ad una Comunità energetica potrà richiedere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili fino a massimo 5 gigawatt di potenza finanziabile. Il limite temporale è fissato a fine 2027.
Spese ammissibili per gli incentivi
Le spese ammissibili per accedere agli incentivi riguardano:
- Realizzazione di impianti a fonti rinnovabili (tra cui inverter, componenti, strutture per il montaggio);
- Fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo;
- Acquisto, installazione e messa in esercizio di impianti, macchinari, attrezzature hardware e software;
- Opere edili necessarie per realizzare i lavori;
- Collegamento alla rete elettrica nazionale;
- Studi di prefattibilità, attività preliminari, costituzione delle configurazioni;
- Progetti, indagini geologiche e geotecniche;
- Direzioni lavori e sicurezza;
- Collaudi tecnici e tecnico-amministrativi, consulenze e supporto tecnico-amministrativo fondamentali per attuare il progetto.
Importo massimo dei finanziamenti e tariffe incentivanti
Gli interventi sono finanziabili in misura non superiore al 10% dell’importo relativo alle spese ammissibili.
Queste ultime prevedono un limite di investimento massimo come segue:
- 1.500 euro per kilowatt in caso di impianti fino a 20 kW;
- 1.200 euro per kW per impianti che superano i 20 kW e fino a 200 kW;
- 1.100 euro per kW per potenze che superano i 200 kW e fino a 660 kW;
- 1.050 euro per impianti che superano la potenza di 600 kW e fino a 1.000 kW.
A quanto ammontano le tariffe incentivanti?
Sono previste tre differenti fasce di incentivi spettanti a seconda della potenza degli impianti:
- Fino a 600 kW di potenza: tariffa fissa di 60 euro per MW più una parte variabile che non può superare i 100 euro per MWh;
- Potenza compresa tra 200 kW e 600 kW: tariffa fissa di 70 euro più un premio che non può superare i 110 euro per MW;
- potenza pari o inferiore a 200 kW: tariffa fissa di 80 euro più un premio non superiore ai 120 euro per MW.
Si ha diritto alla tariffa incentivante per un periodo di 20 anni a decorrere dalla data di messa in esercizio dell’impianto.
Erogazione del contributo in conto capitale
Gli incentivi sono cumulabili con i contributi in conto capitale fino al 40%.
Il GSE eroga fino al 90% del contributo massimo accordato: lo suddivide in più quote in rapporto allo stato di avanzamento dei lavori ed in base alle spese sostenute, tutte documentabili.
La prima quota viene corrisposta al termine del 30% dei lavori. La quota a saldo del 10% del contributo complessivo viene erogata in base alla richiesta di rimborso finale presentata al GSE che comprovi il termine dei progetti agevolati ed il raggiungimento degli obiettivi per la quota di competenza.
Il fattore di correzione
In base all’area geografica, il decreto prevede un fattore di correzione:
- 4 euro per MWh in più per le Regioni del Centro (Abruzzo, Marche, Lazio, Toscana e Umbria;
- 10 euro per MWh in più per le Regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta).
Nei casi di erogazione di un contributo in conto capitale, la tariffa spettante sarà soggetta ad una decurtazione.
Presentazione della domanda per essere ammessi ai contributi
Per essere ammessi ai contributi, gli impianti devono essere avviati entro 18 mesi dalla data di presentazione della domanda, non oltre il 30 giugno 2026. La domanda di accesso agli incentivi può essere presentata a sportello soltanto tramite il sito web del GSE (Gestore dei servizi energetici, regista della misura).
Alla domanda deve essere allegata la documentazione prevista per la verifica dei requisiti per l’accesso ai sostegni secondo regole operative. Queste regole saranno stabilite con decreto ministeriale da approvare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento.
Gli interessati possono richiedere in modo facoltativo al GSE una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti.
Il GSE aprirà lo sportello per la presentazione delle domande entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del decreto. Gli interessati hanno tempo per presentare le richieste fino a 31 marzo 2025 se le risorse stanziate, nel frattempo, non saranno esaurite.
