Indipendenza energetica: dall’autonomia all’autarchia
Indipendenza energetica, come raggiungerla? Mai come nel 2022 ci siamo resi conto cosa significhi dipendere da qualcuno in termini di energia. I prezzi possono schizzare alle stelle per volontà dei fornitori stravolgendo l’economia di un Paese. L’alternativa migliore a questa pericolosa dipendenza è la casa elettrica e smart. Con questa soluzione è possibile produrre da sé l’energia necessaria per il fabbisogno quotidiano.
Si può realizzare la casa elettrica dei propri sogni e fabbisogni su misura valutando gli elementi più adatti. Pensando ai vari elementi si parte dall’impianto fotovoltaico, l’inverter e le pompe di calore che sostituiscono caldaia e climatizzatore. Seguono il montaggio di una wallbox (colonnina domestica) in garage per svincolarsi dai costi delle colonnine di ricarica pubbliche dell’auto elettrica, i sistemi di accumulo che consentono di stivare l’energia prodotta in più da usare quando serve. In tal modo, la batteria di accumulo garantisce una maggiore autonomia senza dover prelevare dalla rete pubblica. L’impianto e la relativa produzione possono essere gestiti e monitorati a distanza tramite PC o app per smartphone.
Indipendenza energetica: come scegliere i pannelli solari fotovoltaici ideali
L’elemento numero uno di una casa elettrica e autosufficiente è il pannello solare fotovoltaico. E’ dalla qualità dell’impianto fotovoltaico che scaturisce la quantità di energia elettrica prodotta.
Prima di acquistarne uno, bisogna valutare con cura 3 parametri:
- Efficienza data dalla capacità di conversione della luce solare in elettricità. Un impianto con elevata efficienza produce più energia;
- Coefficiente di temperatura che deve attestarsi ad un valore compreso tra -0,5 e -0,29 %/°C. Gli impianti fotovoltaici funzionano meglio a temperature medie e costanti: elevate temperature riducono l’efficacia dei pannelli solari. La loro resa dipende da 3 fattori: riscaldamento del sole, raffreddamento del vento e temperatura dell’ambiente;
- Garanzia che, mediamente, è di 10 anni anche se certi produttori garantiscono fino a 25 o 40 anni. La garanzia non include i danni relativi agli effetti di agenti atmosferici, in primis della grandine. Bisogna, perciò, stipulare una specifica assicurazione. Di recente, sono stati sviluppati pannelli che resistono alla grandine.
L’impianto fotovoltaico è costituito dal reticolato di celle in silicio: la parte superiore è protetta da uno strato di fibra di vetro, quella inferiore da uno strato in materiali plastici per rendere la struttura più resistente. Questo reticolato è contenuto all’interno di una struttura di supporto, in genere di alluminio. Il tutto è completato da inverter (che trasforma la corrente continua in alternata), cavi di collegamento, quadro elettrico e, all’occorrenza, un sistema di accumulo. La connessione elettrica del pannello ha una protezione a diodi, celle ad elevata efficienza, telaio di supporto in alluminio e classi di isolamento IP54.
Indipendenza energetica: tipologie di pannelli fotovoltaici e tecnologie all’avanguardia
Esistono due principali tipologie di pannelli solari fotovoltaici:
- Monocristallini, composti da un solo strato di purissimo silicio, più efficienti;
- Policristallini, realizzati con scarti di taglio del silicio.
Conviene acquistare pannelli solari top di gamma, piuttosto che entry level, per questioni di efficienza e quantità di energia prodotta, potenza, tasso di degrado, garanzia.
Nel corso degli anni, sono state sviluppate soluzioni tecnologiche in grado di ottimizzare il rendimento dei pannelli solari come:
- Anti-Pid (Potential induced degradation) che combatte il processo di degrado e perdita di potenza causato, in particolare, dalle temperature elevate e dall’umidità,
- Anti-Lid (Light induced degradation), che riduce il deterioramento indotto dalla luce solare nelle celle;
- Perc (Passivated emitter and rear cell) che, grazie all’aggiunta di uno strato nel lato posteriore del pannello, permette ad una parte della luce solare di essere riflessa;
- Ibc (Interdigited back contact), che riduce l’ombreggiatura sulla parte anteriore del pannello mediante lo spostamento dei contatti sulla parte posteriore della cella;
- Half-cut cells, in grado di dimezzare le dimensioni delle celle. Il vantaggio è duplice: riduce il rischio di rotture ed incrementa la produttività del singolo modulo.
Indipendenza energetica: occhio all’inverter che ottimizza l’efficienza
La funzione dell’inverter è trasformare la corrente continua generata dai pannelli fotovoltaici in corrente alternata. Inoltre, serve ad ottimizzare l’efficienza delle celle garantendo sicurezza.
All’interno di questo dispositivo si trovano circuiti elettronici, un interruttore di sicurezza e dissipatori di calore con alette di raffreddamento.
Attualmente, i produttori tendono ad integrare moduli intelligenti, dotati di micro-inverter e ottimizzatori di potenza, che controllano la produzione energetica di ciascun pannello garantendo l’efficienza dell’intera stringa.
La scelta dell’inverter adeguato dipende dalla potenza dell’impianto: una Bev di taglia media per un impianto domestico non è mai inferiore a 4.5 kW. Gran parte degli impianti fotovoltaici domestici (che non superano i 6 kW) adotta l’inverter monofase, piuttosto che trifase.
Gli inverter ibridi sono stati pensati per chi installa sistemi di accumulo dell’energia.
Occorre valutare anche il rendimento dell’impianto, che deve superare il 98% in un inverter di alta qualità.
Gli inverter a onda sinusoidale, pur essendo i più costosi, sono i migliori in quanto più efficienti ed affidabili. I modelli di fascia bassa sono a onda sinusoidale modificata che possono far consumare fino al 30% di energia in più e causare surriscaldamenti.
Sistemi di accumulo: batterie per il massimo dell’autonomia
L’ultimo step per risparmiare al massimo ottenendo il più possibile autonomia energetica è installare un sistema di accumulo in cui stivare l’energia in eccesso prodotta dall’impianto fotovoltaico per riutilizzarla in seguito, quando serve. Questo perché l’energia generata dai pannelli solari fotovoltaici può essere utilizzata soltanto in tempo reale, quando viene prodotta. Senza sistema di accumulo, l’energia in eccesso non usata e non immagazzinata o viene perduta o ceduta a sconto alla rete del distributore di energia.
Per questo sistema si usano apposite batterie, il più delle volte al litio. Gli accumulatori si possono impilare o agganciare ad un muro: è preferibile collocarli in un locale che assicuri un rapido ricircolo dell’aria e con temperature moderate come garage o cantina. Il motivo è presto detto: durante la fase di carica viene prodotta una gran quantità di idrogeno e ossigeno.
Si distinguono sistemi di accumulo:
- monodirezionali, che si caricano esclusivamente dall’impianto fotovoltaico;
- bidirezionali, che si possono alimentare dai pannelli o dalla rete, quindi più versatili.
Di solito, la capacità di accumulo deve superare quella di picco dell’impianto per il 50-100%. Di conseguenza, in caso di 12 pannelli da 400 W, per complessivi 4,8 kW, bisognerà installare una batteria da 10 kWh.
I migliori modelli raggiungono i 10mila cicli di carica (15 anni di utilizzo), mentre la capacità residua minima garantita dal produttore dovrebbe aggirarsi intorno al 75%.
Pompe di calore = zero emissioni
La pompa di calore, che riscalda e raffredda gli ambienti domestici nel modo più ecologico possibile, va a completare la casa elettrica azzerando le emissioni.
La tipologia più diffusa è quella ad aria-acqua, monofase e monoblocco perché è versatile, salvaspazio e consente di collegare fino a 6 unità.
Gran parte delle pompe di calore si possono usare anche per produrre acqua calda sanitaria tramite un bollitore esterno.
Il fattore più importante da considerare nella scelta è la potenza: ad esempio, per un monolocale fino a 45 metri quadrati bastano 4 kW, mentre tra i 100 e 130 metri quadrati si sale a circa 10 kW.
Da non trascurare i due indici dell’efficienza Seer e Scop: il primo deve superare il valore 6, il secondo il valore 4. Più il valore è alto, maggiore sarà il risparmio in bolletta.
Indipendenza energetica: ricarica libera delle auto elettriche con la wallbox
Per ottenere il massimo dell’autonomia in fase di ricarica della propria auto elettrica, occorre dotarsi di una wallbox da installare in garage. La wallbox permette di ricaricare il veicolo in tempi ragionevoli (in termini di ore, non di giorni) evitando le tariffe delle stazioni pubbliche.
La colonnina privata, completamento ideale di un impianto fotovoltaico, consiste in una scatola che contiene circuiti elettrici e sistemi di messa a terra. Con questo sistema si può trasferire la corrente di casa all’auto elettrica.
Gran parte delle wallbox dispone di una connessione wi-fi e di un’app dedicata per smartphone per impostare limiti al prelievo di energia e monitorare lo stato di ricarica.
Gli incentivi statali per l’acquisto della wallbox sono stati estesi anche all’anno 2024: è prevista una copertura della spesa fino all’80% con un tetto massimo di 8mila euro per i condomini e di 1.500 euro per le persone fisiche.
L’alternativa all’acquisto è il noleggio visto che le società del settore includono nei canoni della vettura anche il costo di questo dispositivo.
Come scegliere la wallbox più adatta alle vostre esigenze
Nella scelta della wallbox ideale, bisogna valutare la potenza e il tipo di connettore.
Riguardo alla potenza, bisogna fare qualche calcolo. Considerando che 3 kW è il valore standard dei contatori domestici, con una wallbox da 2,3 kW una Smart EQ fortwo (dotata di batteria da 18 kWh) impiega circa 7 ore e mezza per ricaricarsi. La durata sale a 32 ore per la Tesla Model Y con accumulatore da 75 kWh. Di conseguenza, è importante fare un aggiornamento del contatore standard, considerando graduali incrementi di 0,5 kW e scegliendo, in base al risultato finale, una wallbox di potenza maggiore.
Il tipo di connettore più diffuso ultimamente è il Tipo 2 che, dal 2018, rappresenta lo standard per i modelli europei e asiatici. L’isolamento IP54 consente di installare la wallbox anche all’aperto.
